di Sara Missaglia
All’International Astronautical Congress che si è tenuto lo scorso ottobre a Milano ho toccato con mano il “futuro” e in quale misura tutte le aziende e i comparti di ricerca che operano nel settore Spazio debbano confrontarsi con una visione e una tempistica decisamente lunghe per la messa a terra dei loro progetti. Questo vale anche per l’Alimentazione Spaziale, in una rincorsa e sfida tra nutrizione e tecnologia.
L’esplorazione spaziale presenta numerose sfide, e una delle più suggestive e interessanti riguarda l’alimentazione degli astronauti. Garantire una dieta bilanciata, sostenibile e piacevole è essenziale per mantenere la salute fisica e il benessere mentale degli equipaggi durante le missioni, soprattutto quelle di lunga durata.
Alimentarsi nello Spazio
Gli astronauti necessitano di cibi che soddisfino requisiti nutrizionali rigorosi e che siano anche adatti all’ambiente unico dello Spazio. Gli alimenti devono essere compatti, leggeri e a lunga conservazione, senza sacrificare il gusto e la varietà. Il programma NASA Veggie ha aperto la strada alla produzione di cibo fresco nello Spazio, utilizzando coltivazioni con metodi permettono di coltivare piante come lattuga e rucola in ambienti controllati, senza l’uso di suolo e con una gestione efficiente delle risorse idriche. L’obiettivo è garantire una maggiore autosufficienza durante le missioni, riducendo la necessità di continui rifornimenti dalla Terra. Una dieta ben strutturata è fondamentale per contrastare gli effetti della microgravità, come la perdita di densità ossea e muscolare, e per supportare il sistema immunitario, particolarmente vulnerabile in assenza di gravità terrestre. L’innovazione alimentare è al centro delle ricerche spaziali, con tecnologie come la stampa 3D per creare piatti personalizzati e lo “space farming” per coltivare verdure fresche direttamente a bordo. Italians Do Eat Better è il titolo della conferenza che si è tenuta allo IAC 2024 con i preziosi contributi delle ricercatrici Marta Del Bianco e di Micol Bellucci dell’Italian Space Agency, di Giorgia Pontetti di Ferrari Farm e di Antonio Gattulli di Sudalimenta. Un cibo ingegneristico ma anche fondamentale per il benessere mentale degli astronauti e, in futuro, dei turisti spaziali. Il gusto e l’esperienza sensoriale del pasto possono alleviare lo stress e rafforzare i legami sociali all’interno dell’equipaggio. Studi recenti dimostrano che non solo la microgravità, ma anche l’isolamento e l’ambiente ristretto delle missioni spaziali influenzano negativamente la percezione dei sapori. Con lo sviluppo di tecniche di produzione alimentare sostenibili e di soluzioni per migliorare il gusto e la varietà, il cibo spaziale sta evolvendo per rispondere alle sfide delle future esplorazioni interplanetarie: si stanno infatti sperimentando soluzioni innovative, come l’uso della realtà virtuale per ricreare ambienti rilassanti durante i pasti.
Verso le Missioni su Marte
Con l’ambizioso obiettivo della NASA e delle Space Company internazionali private di portare esseri umani su Marte entro il 2030, la gestione alimentare assume una nuova complessità. Missioni di mesi richiederanno cibi altamente nutrienti e resistenti, senza rinunciare al comfort psicologico offerto dai pasti. La creazione di sistemi alimentari avanzati potrebbe includere cibi arricchiti con sostanze benefiche per supportare il sistema immunitario e ridurre i rischi di malattie croniche. Il progresso tecnologico sta ridefinendo quindi il concetto di alimentazione nello Spazio, trasformandolo in un’esperienza che non si limita al soddisfacimento di bisogni primari, ma che si estende al benessere complessivo.
Il vino nello Spazio
Come il cibo anche il vino genera un’attenzione particolare: ne ho scritto nell’ultimo numero di VVQ – Vigne Vini e Qualità (versione integrale riservata agli abbonati) in un articolo dedicato, con le interviste a Filippo Ongaro, medico degli astronauti dal 2000 al 2007, esperto di medicina funzionale e anti-aging, e a Elena Luciani, laureata in Scienze dell’Alimentazione e Nutrizione Umana presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma, che ci ha raccontato il progetto dedicato al vino nello Spazio, al suo trasporto e al consumo in pillole o sfere gelatinose.