Con oltre venti relatori di altissimo profilo – tra cui Roberta Garibaldi (esperta di turismo enogastronomico), Angelo Peretti (Giornalista e Scrittore), Laura Iacovone (Docente ed esperta in Neuroscienze), Mariella Borghi (esperta in Intelligenza Artificiale) e Sara Missaglia (giornalista e Wine Educator) l’evento ha offerto analisi e soluzioni concrete per valorizzare il legame tra enologia, territori e accoglienza.
Un evento complesso e impegnativo, che ha richiesto un grande sforzo organizzativo ed una gestione attenta di ogni dettaglio tecnico e logistico, ma anche entusiasmante, incredibilmente coinvolgente e capace di regalare momenti di grande soddisfazione.
LA SCOMMESSA VINCENTE: L’ENOTURISMO ESPERIENZIALE
Roberta Garibaldi non usa mezzi termini: “Le cantine che offrono solo degustazioni guidate sono destinate a perdere il 65% dei potenziali visitatori”. I numeri presentati dalla docente – tra i massimi esperti di turismo enogastronomico – fotografano una rivoluzione in atto:
- 13,4 milioni di italiani hanno scelto esperienze enoiche nel 2024
- 53% dei viaggiatori ora dedica al vino un’intera settimana
- +13% la crescita attesa del settore (fonte: UN Tourism)
Ma cosa cercano davvero i nuovi turisti del vino?
“Bike tra i filari al tramonto, cene in vigna con chef stellati, persino yoga tra le botti”, spiega Garibaldi. “Il caso emblematico? Una cantina in Piemonte che ha lanciato ‘Vendemmia con l’opera’: i visitatori raccolgono l’uva al ritmo di arie pucciniane. Ha triplicato le prenotazioni”.
Il cambiamento più radicale riguarda però le aspettative: “Oggi si viene per trasformarsi in protagonisti, non per ascoltare lezioni su malolattica”.
NEUROMARKETING: IL SEGRETO DELLE SCELTE INCONSCE
Laura Iacovone, docente e neuroscienziata, ci guida in un esperimento rivelatore: immaginate di sorseggiare due barolo durante un blind test e di esprimere una preferenza sulla base del gusto; immaginate poi di rifare lo stesso test sapendo qual è la bottiglia del vino più noto, con una etichetta più ricercata, rispetto a uno poco conosciuto e come nella maggior parte dei casi venga preferito il primo al secondo – sebbene al gusto non sia quello preferito. Ebbene, studi analoghi fatti secondo lo stesso protocollo sperimentale, hanno mostrato grazie alla fMRI – in grado di evidenziare il flusso sanguigno nelle zone attive del cervello – come l’appagamento dato dal gusto (corrispondente al cervello più antico, deputato ai sensi e alle reazioni ancestrali) soccomba davanti all’appagamento della parte corteccia orbitofrontale del cervello, più evoluta, deputata al giudizio, ossia alla valutazione della marca e a ciò che essa può rappresentare in termini di acquisto e di consumo.
Questa scoperta – che risale al 2008 nella valutazione Pepsi vs Coca Cola – dimostra in realtà un’altra cosa estremamente importante: che i consumatori “consumano” a livello cerebrale concetti e aspettative, prima ancora del prodotto stesso…
Ciò spiega perchè quel vino rosso assaggiato una sera a cena in un bellissimo agriturismo o in una cantina, acquistato subito dopo o ordinato on line, a casa propria sembra non avere più lo stesso sapore; allo stesso modo, la stessa bottiglia – più o meno ricercata – viene “gustata” e quindi apprezzata in modo molto diverso se presa dallo scaffale di un supermercato, acquistata in un’enoteca, sorseggiata con amici al ristorante o ordinata durante una cena romantica nell’agriturismo dove si sta passando un weekend fuori porta.
Ecco le 3 leggi non scritte del consumo vinicolo:
- L’effetto candela: “Un Sangiovese servito a lume di candela viene percepito come più pregiato del 20%, anche se è lo stesso vino dello scaffale del supermercato”
- La trappola dell’esperto: “Quando un sommelier usa termini come ‘note terziarie’, il 78% dei consumatori finge di capire ma poi sceglie il vino col packaging più accattivante”
- Il paradosso Gen Z: “Bevono meno ma postano di più: il 62% compra vini ‘Instagrammabili’, anche senza conoscerne il contenuto”
…ma in realtà va detta una cosa importante rispetto ai consumi della Gen Z: non è solo una questione di comunicazione in senso stretto, ma della mancanza di una connessione emotiva tra il vino e il vissuto di quella generazione, che fa sì che i giovani non diano lo stesso significato a quell’atto di acquisto e di consumo che danno le generazioni precedenti. Quel vissuto emotivo va quindi ricreato (anche con la comunicazione), innanzitutto a partire dallo studio di come vivono i ragazzi della Gen Z e quindi del significato attribuito ai loro rituali nel loro mondo di interazioni sociale, dove il consumo di vino può assumere senso e significato per quella generazione.
IL MANIFESTO DI PERETTI CONTRO LA TIRANNIA DEI PUNTEGGI
Angelo Pererri, giornalista e filosofo del vino, lancia un appello commovente: “Abbiamo ridotto il vino a un numero su 100, dimenticando che è prima di tutto una storia di persone”. La sua proposta? Un Nuovo Umanesimo del Vino basato su:
Dal triangolo al quadrato: “Ai tre lati classici (vitigno, clima, terreno) aggiungiamo l’umanità: le mani che coltivano, le passioni che decidono”
- Dal triangolo al quadrato: “Ai tre lati classici (vitigno, clima, terreno) aggiungiamo l’umanità: le mani che coltivano, le passioni che decidono
- Libertà di gusto: “Un tempo ci vergognavamo a bere il vino in cartone. Oggi dobbiamo vergognarci dei pregiudizi verso chi lo fa”
- Vino come linguaggio: “Quando un monaco cluniacense diceva ‘Questo vino sa di divino’, parlava a Dio. Noi oggi parliamo a Excel”
L’esempio più lampante? “Robert Parker. Nel 1986 – lo stesso anno dello scandalo del metanolo – inventò i 100 punti. Trent’anni dopo, le cantine giocano a fare vini da 100 punti invece che vini da ricordare”.

GENERAZIONE Z: LA RICETTA DI SARA MISSAGLIA
“Se spiegate i polifenoli a un ventenne, vi blocca su Instagram”. Sara Missaglia, wine educator, disegna il ritratto del nuovo consumatore:
- Cerca emozioni, non denominazioni
- Vuole autenticità, non tecnicismi
- Cerca volti e non schede tecniche
- Vuole territori e non linguaggi incomprensibili
- Ama le sfide: “Una cantina ha lanciato ‘Indovina il vitigno’: engagement +300%”
I casi di successo?
- “Lo Chardonnay per ex: secco come il tuo cuore” (vendite +70%)
- “Degustazione nel metaverso con NFT” (70% partecipanti under 30)
“Ma attenzione – avverte Missaglia – l’ironia non è banalizzazione. Un reel su TikTok può durare 15 secondi, ma deve raccontare una verità profonda”.
IA E VINO: IL FUTURO È GIÀ IN CANTINA
Mariella Borghi, esperta di intelligenza artificiale, TEDx speaker e LinkedIn Top Voice AI, firma un intervento che porta il futuro direttamente tra le botti e le vigne.
L’Intelligenza Artificiale nel vino non è una suggestione futurista: è già realtà concreta e operativa. Un cambiamento profondo, che riguarda non solo la produzione, ma il modo stesso in cui pensiamo il vino.
La tecnologia si insinua nei processi, senza cancellare la tradizione, ma elevandola. Come?
- I sensori intelligenti leggono il terreno, regolano l’irrigazione e evitano sprechi d’acqua in un clima sempre più instabile.
- I chatbot conversazionali personalizzati aiutano i clienti a scegliere il vino giusto online, migliorano l’esperienza e aumentano le conversioni.
- L’AI generativa non si limita a scrivere testi pubblicitari: disegna etichette, propone storytelling su misura e aiuta le cantine a distinguersi.
Ma per Mariella Borghi il punto centrale resta un altro: “Il vero salto non è tecnico, è culturale. L’AI può suggerire quando vendemmiare, ma sarà sempre il vignaiolo a decidere. È l’integrazione tra sapere umano e capacità computazionale a fare la differenza.”
Un’alleanza, quella tra essere umano e macchina, che apre nuovi orizzonti: più sostenibilità, più efficienza, più creatività. Non per sostituire il tocco umano, ma per valorizzarlo.
Borghi conclude con una visione chiara: “Nel futuro del vino non ci sarà meno umanità. Ce ne sarà di più, supportata da strumenti più intelligenti.”
Una dichiarazione d’intenti, ma anche un invito: il futuro del vino non si aspetta. Si coltiva, come una buona vigna.
La Tavola Rotonda Finale: I giovani e il vino
L’evento si è concluso con una tavola rotonda moderata da Giulio Somma , direttore de Il Corriere Vinicolo , sul tema dell’allontanamento, reale o presunto dei giovani dal mondo del vino e che ha visto confrontarsi esperti del calibro di Carlo Vallarino Gancia, Senior Brand Manager di Krug e Dom Pérignon, Mattia Asperti alias Il Sommelier Divino, tiktoker e influencer, Davide Calvi , produttore e vicepresidente del Consorzio del Buttafuoco Storico e ancora, Sara Missaglia, giornalista e scrittrice, Filippo Galanti , co-founder di Divinea e Nello Gatti , comunicatore ed influencer.
Sebbene i novanta minuti di discussione non abbiano portato a una comprensione condivisa del problema, i presenti hanno convenuto che una risposta emotivamente carica abbia distorto la percezione della situazione, al punto da far apparire rilevante un problema che molti – se non tutti – considerano inesistente.
Per entrare nel dettaglio vi invitiamo a leggere Il Corriere Vinicolo n. 11 del 2025.
Conclusioni
Se mai ce ne fosse stato bisogno, la Metaverse Wine Week ha dimostrato che il futuro del vino è già qui: un universo digitale dove produttori, esperti e appassionati si incontrano senza confini, trasformando ogni clic in un’esperienza indimenticabile. Un evento rivoluzionario, che non solo ha tracciato la rotta del domani, ma l’ha resa straordinariamente tangibile. E la rivoluzione è solo all’inizio. La Metaverse Wine Week tornerà dal 3 marzo 2026, con una settimana ancora più travolgente: esperienze immersive da vivere con tutti i sensi, incontri che sfidano le distanze e dibattiti capaci di accendere nuove idee. Preparatevi a varcare la soglia di un mondo dove il vino e l’innovazione si fondono in un brindisi senza limiti.